Oggi ho visto un orso!
Si muoveva lento e silenzioso verso la sua meta: del dolcissimo miele d’acacia. Non potevo credere ai miei occhi perché non è facile vederlo in giro in questo periodo e quest’ora del giorno. Si spostava con circospezione adagiando tutto il suo peso prima sugli arti destri e poi su quelli sinistri, seguendo la tipica camminata ciondolante come se fosse una danza ubriaca. Maestoso e un po’ goffo allo stesso tempo. La sua pelliccia folta e arruffata, che lo proteggeva dal freddo e dalle intemperie della giornata uggiosa, lo rendeva simpatico. I denti aguzzi, con resti di radici e foglie incastrati tra un incisivo e il canino, però ricordavano a tutti di stargli alla larga.
All’orso bruno piace stare da solo, soprattutto mentre mangia. Oggi non faceva eccezione. In pochi minuti, infatti, sotto il mio sguardo allibito, si era divorato tutto il miele. Poi si era trangugiato una bella manciata di noci e semi emettendo vocalizzi d’eccitazione dalle tonalità basse. Infine si era sbafato anche due mele e una pera. Tutta roba trovata nelle tasche del mio giubbotto che avevo malauguratamente lasciato incustodito alla sua facile portata. Non soddisfatto si era messo ad annusare in giro, probabilmente in cerca di bottini più grossi. Avrei voluto fermarlo, farlo scappare, magari muovendo un ramo o urlando ma avevo preferito lasciarlo in pace per continuare ad osservarlo con attenzione nella speranza che non mi avrebbe notato. È vero che è di indole pacifica e diffidente, ma può attaccare se disturbato o sorpreso a breve distanza.
Dopo aver cercato invano altro cibo, si era adagiato sul fianco in cerca di ristoro, proprio sotto il rifugio dove mi ero sistemato per studiare i suoi comportamenti. Era probabilmente l’ennesimo riposino della giornata nella sua tana. Non potevo muovermi e avrei dovuto aspettare il suo risveglio fino alle ore crepuscolari se non fosse che l’arrivo dei suoi cuccioli lo avevano distolto dalla pacchia in panciolle. Con i loro schiamazzi e giochi incontrollati i piccoli lo avevano reso nervoso. Lo sentivo diffondere ripetutamente profondi e prolungati brontolii (definiti “ruglio”) nel tentativo di controllare senza successo la vivacità della prole. Nonostante fossi ben al sicuro dai suoi possenti artigli, avevo cominciato ad allarmarmi, impaurito di non poter più andare via.
L’occasione per uscirne sano e salvo però sarebbe arrivata poco dopo quando l’orso era stato costretto dalla sua partner ad andare a scovare qualche buon fungo e procacciare un bel pezzo di carne fresca per lui e la famiglia. Lasciando la tana doveva schivare le tante pozzanghere formatesi durante questa stagione della pioggia e le sue capacità di abile nuotatore tornavano utili nella circostanza. In poco tempo era tornato nel suo covo con la cena. Almeno così la giornata aveva avuto un senso.
Sì, oggi ho visto un orso. L’ho osservato tutto il pomeriggio avvolto nei vestiti del giorno prima, con la barba incolta, i capelli spettinati, assonnato, con poca voglia di lavorare e men che meno di incontrare altri individui. Gli capita spesso da quando fuori è grigio, piove e comincia a far freddo, soprattutto perché sta a casa più spesso del solito, troppe volte tentato dal divano e da altre distrazioni. Povero orso, fa quasi tenerezza. È ancora qui, davanti a me, mentre lo guardo allo specchio.
Roberto Riva
Foto ottenuta con IA