Sto bighellonando su internet dopo aver messo a letto i bambini con molta fatica. Leggo qualche notizia, scrivo un’e-mail, ascolto della musica e guardo un video divertente. È sera tardi e sono stanco. Come passa il tempo quando sei improduttivo e ozioso. Dovrei già essere a letto, ma il maledetto algoritmo di Facebook mi tiene incollato allo schermo fornendomi rinforzi mentali intermittenti, cioè una notizia interessante ogni cinque di spazzatura. Alla fine afferro la mia spada laser e con tutta la forza di volontà rimasta sferzo un colpo deciso contro Mark-Darth-Vader Zuckerberg. Lo metto sotto, ma lui ribatte, non con un altro colpo di spada o una citazione trita e ritrita su chi sia mio padre, ma con un video. Un video potentissimo che mi disarma e mi lascia senza parole.

Mi devo fermare. Trattengo il dito dallo schiacciare il bottone di spegnimento del computer. Tolgo il muto dall’audio e premo play. Parte subito una base musicale campionata e sullo schermo compaiono personaggi improbabili in pieno stile anni ’80: un uomo dai capelli scuri, lunghi e unti, vestito con camicia e pantaloni bianchi che ostenta un petto villoso; una donna dai capelli cotonati e pantaloncini in jeans corti e strappati; uno strumentista giovane acqua e sapone armato di pianola elettrica a tracolla – la Keytar – e un altro con gli occhiali da sole che finge di suonare la batteria elettrica. Le immagini sono volutamente distorte per sembrare di bassa qualità. Dopo un attimo di confusione capisco che si tratta di una pubblicità per la giornata dedicata al Kanelbulle del Pressbyrån, una catena di negozi svedese di vendita al dettaglio che si trova in ogni angolo della città e soprattutto alle uscite delle fermate della metropolitana. Niente di strano fin qui per chi, come me, è cresciuto a pane e kitsch. Lo sbalordimento sopraggiunge quando mi accorgo che i protagonisti di questo revival cantano in italiano. Il testo fa ripetuti riferimenti ai panini dolci alla cannella di “Pressburoni” che il cantante ama più di sua madre, che sono la passione dell’altra cantante e che sono dolcissimi e buonissimi. Il tutto condito con un miscuglio di parole che suonano italiane ma che non lo sono[1].

Va bene che vivendo all’estero, e non solo, ormai si è abituati e si convive più o meno pacificamente con gli stereotipi italiani, ma con questo geniale video musicale gli svedesi hanno raggiunto limiti invalicabile che neanche la sonda spaziale Voyager 1 potrà mai valicare. Eppure in tutti questi anni spesso molti svedesi, quantomeno nei loro sogni stereotipati, ci sono andati vicini. Molte volte siamo stati tacciati a priori come simpatici, rumorosi, vanitosi, affascinanti e inaffidabili mammoni che si esprimono come dei primitivi a gesti, sorrisi e versi incomprensibili ad alto volume. Abbiamo dovuto spiegare che non esistono solo Roma, Milano e Venezia… e Rimini (l’ultima per gli svedesi di una certa età). Spesso abbiamo dovuto difenderci dalle accuse di essere una nazione, sportivamente e non, di imbroglioni e simulatori. Altrettanto spesso abbiamo dovuto abbassare lo sguardo e concordare che la precedente osservazione fosse vera. Abbiamo dovuto inorridirci e insegnare che in Italia le fettuccine Alfredo non esistono, che i pepperoni sono in realtà una verdura e non un salame (come chi ci crede) e che la ricetta polpette di carne con spaghetti non la puoi trovare al ristornate ma solo nel cartone Lilli e il Vagabondo. La lista del bestiario internazionale potrebbe continuare probabilmente all’infinito, ma preferisco fare una siesta, riposarmi durante la giornata lavorativa per rubare un po’ lo stipendio e fare una chiamata veloce a mammina per dirle quanto non posso stare senza di lei.

Nella vita di ogni giorno, nel mio piccolo, cerco sempre di sfatare questi falsi miti, con l’esempio e con un po’ di sana educazione culturale. Mia moglie ed io, infatti, abbiamo cresciuto due bambini Italiani con la “I” maiuscola anche se loro sono nati e cresciuti in Svezia. Oh, ma eccoli che tornano da scuola… attaccati alla gonna della mamma… aggiustandosi il ciuffo dei capelli davanti ad uno specchietto… muovendo i polsi aventi e indietro, con le dita della mano che si uniscono in punta… scimmiottando la voce di Mario e Luigi e intonando e sghignazzando a ripetizione con eccessiva allegria ebete una canzoncina che fa cosi: “Mamma mia, Pizzeria, tuttar fria (letteralmente, tette al vento)“.

Rileggo cosa ho appena scritto e concludo il verso della canzone “…Santa Lucia, portami via!”

 

Roberto Riva
Immagine realizzata con supporto di IA

[1] https://www.resume.se/marknadsforing/kampanj/kranger-kanelbullar-med-discodanga-har-ar-nasta-uttag-av-pressbyrans-kampanj/