Roma, 20 mar. (askanews) – “Il paese che cacciò l’Usaid”: così viene descritta l’Eritrea in un articolo in cui il Financial Times rimarca che “due decenni dopo la decisione di Asmara di espellere l’agenzia americana, altri paesi devono trovare alternative per sopravvivere” ai tagli decisi dall’amministrazione di Donald Trump.
“L’Eritrea era un’anomalia in Africa nel 2005 quando cacciò Usaid, chiuse altre agenzie di sviluppo e impose tasse sulle importazioni di aiuti, accelerando intenzionalmente la fine del sostegno della maggior parte dei donatori occidentali”, scrive il quotidiano della City, riportando anche le dichiarazioni rilasciate allora al Ft dal presidente eritreo, Isaias Afewerki, per spiegare la propria decisione: “Se hai bisogno di qualcosa e nessuno te lo dà, lotti ancora di più per farlo da solo”.
La scorsa settimana, il segretario di Stati Usa, Marco Rubio, ha ufficializzato il taglio dell’83% dei programmi di Usaid, dopo la revisione agli aiuti all’estero ordinata lo scorso gennaio dall’amministrazione Trump con il conseguente congelamento del bilancio annuale di 43 miliardi di dollari di Usaid. Negli scenari peggiori previsti da alcuni think-tank e agenzie di sviluppo, milioni di africani rischiano ora di morire per morti evitabili o di ripiombare in condizioni di povertà estrema. Ma ci sono anche molti funzionari e analisti africani che intravedono, come fece Afewerki nel 2005, un lato positivo, ha sottolineato il Ft.
“È chiaro che gli aiuti si stanno esaurendo e, qualunque sia la cifra, dovrà essere utilizzata in modo molto più strategico – ha detto al Ft Ngozi Okonjo Iweala, direttore generale nigeriano dell’Organizzazione mondiale del commercio ed ex direttore generale della Banca mondiale – dobbiamo assumerci il più possibile la responsabilità della nostra salute”.
L’Eritrea è stata quindi risparmiata, in quanto unico paese africano a non ricevere aiuti dagli Stati Uniti, e negli ultimi due decenni, coltivando resilienza e autosufficienza, ha fatto registrare progressi rispetto ad alcuni indicatori di sviluppo alla stregua di altri paesi che hanno beneficiato di miliardi da parte dei donatori. Stando ai dati Onu, l’aspettativa di vita a 68 anni è la stessa del Rwanda, che riceve ogni anno oltre un miliardo di dollari di aiuti. Inoltre, più eritrei hanno accesso all’elettricità, secondo la Banca Mondiale, rispetto agli ugandesi, sebbene Kampala abbia ricevuto nel 2022 circa 2,1 miliardi di dollari dalle agenzie Onu contro i 55 milioni andati ad Asmara.
“Fin dall’inizio, l’approccio dell’Eritrea è stato ancorato all’idea di evitare la dipendenza strutturale”, ha rimarcato il ministro dell’Informazione eritreo, Yemane Gebremeskel, spiegando come questo approccio abbia reso il paese “immune dai capricci e alle richieste dei donatori”. Ma “l’aspetto più importante – ha aggiunto – è che gli aiuti soffocano l’iniziativa e la capacità locale”.