Sto guardando una foto di un amico su Facebook. Impreco.
Ieri sera l’aurora boreale era visibile in tutto il suo splendore nei cieli limpidi di Stoccolma. Perché impreco? Perché io dormivo. Impreco di nuovo.
Perché impreco di nuovo? Perché qualche anno fa sono andato fino al nord della Svezia a Kiruna e Abisko, mi sono sorbito pizze con la carne di renna, tempeste di neve improvvise mentre guidavamo in auto, un’ora al giorno di sole coperto dalle nuvole, temperature a -30 gradi e neve fino alle ginocchia. Tutto questo per vedere un’aurora boreale pallida e sbiadita, alla modica cifra di una vangata di soldi.
Ieri notte invece mi sarebbe bastato affacciarmi al balcone di casa e contemplare il cielo per ammirare un’aurora boreale meravigliosa. Costo: zero Corone svedesi (corrispondenti a zero delle vecchie Lire, tanto per intenderci).
Per fortuna altri amici su Facebook segnalano attività solare anche per oggi e quindi alta probabilità di vedere aurora boreale sopra la capitale.
Io e mia moglie aspettiamo con ansia la sera e appena cala la notte spegniamo tutte le luci in casa e ci prepariamo alle osservazioni astrali. Tutto molto bello. Tutto molto emozionante. Ma c’è un problema: in realtà dal balcone di casa nostra non si vede niente. Le luci di un palazzo di fronte al nostro non creano abbastanza oscurità per godersi la notte. Si dovrebbe andare fuori e cercare un punto della città più buio.
Logico. Facile. Ma c’è un altro problema: siamo bloccati in casa. Arresti domiciliari per non aver fatto la raccolta differenziata correttamente? Lavatrice condominiale prenotata da due settimane proprio per stasera e neanche un paio di mutande pulite nel cassetto? Lavori forzati per non aver compilato come si deve la dichiarazione dei redditi svedese?
No, peggio: due figli piccoli che dormono nella stanza accanto e nessuna babysitter disponibile nei paraggi. Come fare?
Walkie-talkie.
Esatto. Non proprio quelli originali, ma una variante fatta in casa. Mia moglie mi chiama al cellulare. Io rispondo e lascio il mio telefono vicino alla camera dei bambini. Lei silenzia il microfono e così possiamo uscire con il suo cellulare in mano. Questo ci darà qualche minuto di libertà e qualche centinaio di metri di raggio d’azione per andare a cercare un buon punto e osservare il cielo stellato. Se i bambini dovessero svegliarsi, noi riusciremmo a sentirli e rientrare in fretta in casa in meno di un minuto.
Geniale!
Certo, questo trucchetto ci garantisce indiscutibilmente il premio di “Genitori di merda dell’anno 2022”, ma almeno riusciremo a vedere sta cazzo di aurora boreale. Mi convinco che ne varrà sicuramente la pena.
Ci mettiamo le giacche, ricontrolliamo che il walkie talkie artigianale stia funzionando e finalmente usciamo. Facciamo un paio di giri e cerchiamo il nord con scarso successo. Lo dicevo io che avremmo dovuto portarci del muschio, ma mia moglie sosteneva che tenerlo in tasca non sarebbe servito.
Ci spostiamo da una parte all’altra della strada ma nel nostro quartiere c’è troppa luce. Niente aurora. Tendiamo l’orecchio verso il cellulare e per fortuna non c’è segno di risveglio da parte dei bambini abbandonati in casa. Spero solo che i servizi sociali non intercettino la telefonata.
Ci azzardiamo allora verso una collinetta nelle vicinanze. Forse da lì saremo più in alto e riusciremo a vedere meglio. Ci inerpichiamo tra gli arbusti evitando siringhe e cacche di cane e, giunti in cima, rimaniamo senza fiato. Non per il panorama, ma perché la collinetta è più alta di quanto pensassimo e col buio abbiamo fatto più fatica del previsto. Ovviamente niente aurora neanche da qui. Mi sa tanto che purtroppo dovremo chiedere a Eros Ramazzotti.
Torniamo a casa delusi e arrabbiati. Mi metto al computer per ricontrollare la foto su Facebook del mio amico. Quella che ha innescato tutto questo progetto andato in fumo. Quella che mi ha inculcato questa idea malsana. C’è qualcosa che non va. All’inizio non riesco a cogliere, ma poi capisco: era un ricordo di un anno fa, non la foto di ieri sera.
Impreco ancora una volta!