Apro la porta e la campanellina suona. Il proprietario mi guarda con aria disinteressata e continua a compilare i suoi libri e controllare i cataloghi. Io comincio a guardarmi attorno.
Il negozio di souvenir è molto fornito. Trovo quadretti con paesaggi idilliaci, bicchierini celebrativi, statuine, magneti da frigorifero e strofinacci ricamati. Niente d’interessante.
Sto per uscire ma un oggetto attira la mia attenzione. Ne ho visti tanti di simili, ma questo è un pezzo unico. È nascosto nell’angolo anche se dovrebbe stare in mezzo al negozio per quanto è bello. Lo raccolgo dal tavolino sul quale era appoggiato. Lo osservo attentamente: è proprio meraviglioso. C’è di tutto, dall’arte al cibo, dalla natura alla tecnologia, dalle persone alla lingua. Quello che lo rende speciale è quello che rappresenta. È una palla di vetro souvenir. Quelle con il liquido e la neve finta. Quella che fa la bufera se la capovolgi.
Solo che questa si agita da sola. Non serve neanche toccarla perché vada sottosopra. E la neve è sempre di meno. Prima fa caldo. Tanto caldo. E secco. Per molto tempo. Afa ardente che brucia foreste e città, che fa sparire fiumi e laghi.
Poi piove. A catinelle e all’improvviso. Acquazzoni che devastano campagne e paesi. Se la distruzione non arriva con il torrente, ci pensa il vento. Forte, a raffiche che spazzano via tutto.
E il ghiaccio si scioglie. Velocemente, portandosi dietro cose e persone. Si stacca e scende a valle.
Poi trema la terra. Ferocemente. In diversi punti. Si piega ma non si spezza.
Dopo un po’ sembra che la palla di vetro si sia calmata, ma è solo la quiete prima di un nuovo scossone. Sociale. Politico. Più forte di quello di prima. Si spezza ma non si piega. Si rompe qualcosa e poi l’acqua si tinge di nero.
Cerco di distrarmi buttando l’occhio da un’altra parte: vedo montagne spettacolari e coste meravigliose, colline fiorite e pianure rigogliose, parchi verdi e città interessanti. Funziona. Non penso più a quello che succedeva prima. Guardo ancora e vedo grandi tradizioni e poca voglia di innovazione, osservo menti eccellenti e spiriti truffaldini, sento risate di cuore e pianti disperati. No, guardare dall’altra parte non funziona poi così bene.
Amo questo souvenir. C’è poco da dire. Come si fa a non volergli bene. Più lo guardo, però, e più mi rendo conto che non posso portarlo via con me. Lo devo tenere a distanza perché basta reggerlo in mano per qualche secondo e già si scuote tutto. Non posso farci niente con un oggetto così instabile. È stupendo, incantevole, sorprendente. Come tutti i soprammobili però è sì bello ma inutile. Lo devo lasciare nel negozio. Lo appoggio sul tavolo. Saluto il venditore che neanche mi risponde impegnato ancora a scartabellare tra i suoi documenti. Apro la porta. La campanella suona di nuovo. Io rimango ancora all’estero… hm, volevo dire all’esterno.
Roberto Riva
Foto di sringsmuth da Pixabay