Oggi ha un vestito rosso con dettagli bianchi. Domani ne avrà uno nero, ma sempre con rifiniture bianche. Tra qualche mese sarà giallo e ornato di piume e poi ancora cambierà in verde con sfumature floreali. Non gli serve neanche una cabina del telefono per cambiarsi d’abito, ma gli basta un magazzino, uno scaffale o una dispensa. Si toglie il vestito con un po’ d’acqua e poi se ne appiccica un altro con la colla. Alla fine però, a guardar bene, è sempre lui.
Non ci si può rimproverare se qualche volta, da neofiti della vita svedese, ci si confonde e si pensa che siano diversi. È normale sbagliare con questo abile trasformista dei supermercati, ma i più esperti lo possono smascherare con facilità.
Se non si era capito, non si sta descrivendo un supereroe o un mago, ma qualcosa da bere tipicamente svedese. Questa bevanda è un must. Attenzione, però, non va pronunciato all’inglese, /mʌst/, bensì alla svedese /mus:t/. Questa bibita si presenta sugli scaffali dei supermercati, sulle tavole imbandite e sulle tovaglie da pic-nic sui prati verdi nelle sue “diverse” vesti, cercando di non farsi riconoscere. È il prezzemolo della cucina svedese e non puoi mai mancare nelle feste che si rispettino. Che sia julmust (natalizio), vintermust (più scuro perché invernale), påskmust (pasquale) o sommarmust (estivo a Midsommar) è sempre la stessa brodaglia.
Dal colore ambrato scuro e dalla frizzantezza limitata, al primo approccio il must si presenta con un gusto amarognolo, lievi sfumature dolciastre e con un leggero retrogusto di chinotto sgasato. Per i più nostalgici italiani, ricorda la cola soda o la popsi (nomi inventati), quelle specie di imitazioni malriuscite della coca-cola o della pepsi di seconda fascia che si compravano – o che forse si comprano ancora – a basso prezzo nei discount di periferia in Italia. Assomiglia a quella bevanda che ti propinava la nonna insieme alle caramelle Roxana (anche questo nome inventato per rappresentare un generico tarocco delle Rossana che la povera vecchina sbagliava di comprare al supermercato) quando le facevi visita, quasi per punirti perché non andavi a trovarla abbastanza spesso.
Col passare delle sorsate di must — se uno osa — il gusto si avvicina allo sciroppo della mamma comprato in farmacia che ti infilavano forzatamente in gola con l’imbuto quando avevi l’influenza. In effetti, il paragone con la farmacia non è così sbagliato in quanto una delle marche di must più famose è Apotekarnes, che significa letteralmente “dei farmacisti”. Ovviamente c’è da chiedersi se in origine venisse usato veramente come medicinale contro la tosse o come deterrente per i bambini che si comportavano male, ma ovviamente sono solo leggende metropolitane inventate in questo istante.
Col passare degli anni vissuti in Svezia e dopo diversi tentativi di avvicinamento al must — se uno persevera — un po’ alla volta, il gusto diventa sempre più familiare e tradizionale. Non sovente, infatti, può capitare di ritrovarsi a genuinamente desiderarlo quando lo si vede stappato a qualche festa aziendale e a berlo con gusto assieme ai più vichinghi dei colleghi. A volte, con grande sorpresa soprattutto per sé stessi, ci si può ritrovare ad apprezzarlo e, nei casi più estremi, addirittura ad amarlo.
In controtendenza al senso comune, alcuni svedesi dichiarano persino che il gusto del must possa essere percepito diversamente in base ad alcuni fattori quali il tempo di conservazione, lo stato d’animo di colui che lo beve o dal periodo dell’anno[1]. Non ci si deve però far ingannare così facilmente da questi commenti dettati più probabilmente dagli effluvi alcolici delle feste che da analisi serie e ponderate, perché sotto i diversi abiti c’è sempre lui, il nostro amico trasformista pronto al suo successivo cambio. Dove, in farmacia? No, a tavola.
Roberto Riva
BIld av AURELIE LUYLIER från Pixabay
[1] https://www.elle.se/mat-och-vin/vet-du-vad-skillnaden-ar-mellan-julmust-och-paskmust/4333670