Grazie ad uno dei tanti eventi organizzati dalla associazione, “Il Ponte”, ho avuto l’opportunità di assistere alla presentazione del libro “En enkel biljett till Sverige” e di intervistare il suo autore Lars Danielsson.
Ecco di seguito l’intervista con l’autore.
Salve, come potrà immaginare, molti nostri lettori vengono proprio da Linköping e ci hanno abitato proprio nel periodo che lei prende in esame. Questo suo libro è quindi interessante per loro e per noi, come federazione. La prima domanda, la più ovvia, è: cosa la ha spinta a scrivere questo libro?
Salve a lei. Ho scritto questo libro sui lavoratori italiani, venuti a Linköping negli anni 50, poiché, essendo nato in quella città e cresciuto in quegli anni abitavo vicino alle baracche dove loro vivevano.
Quasi tutti i giorni vedevo questi lavoratori andare in bicicletta e spessissimo ascoltavo la lingua italiana oltre che li sentivo suonare i loro strumenti e così mi interessai di chi fossero questi italiani. Ora che sono pensionato, ed ho più tempo, mi sono messo a cercare quegli italiani che hanno fatto parte della mia infanzia, li ho intervistati e mi hanno raccontato le loro storie.
Quindi ha dato le risposte alle domande che si teneva da quando era bambino. Gli italiani sono, praticamente, parte della storia moderna svedese. In Svezia abbiamo avuto molti flussi migratori in diversi periodi della storia e siamo sempre felici quando si parla della nostra comunità. Parlando di lavoro, sappiamo gli italiani vennero a Linköping per lavorare alla SAAB, ma non per costruire macchine, bensì aerei, ce lo conferma?
Giusto. In quel periodo la SAAB stava costruendo il caccia a reazione chiamato Tunnan o SAAB 29 e gli italiani, che vennero nel 1951, presero parte alla costruzione.
Quale era la situazione a Linköping quando i primi italiani vennero a lavorare in SAAB perché, come sempre accade quando una cultura si incontra con un’altra, si creano delle problematiche che con il tempo, il più delle volte, spariscono. Ci furono problemi inizialmente con questi italiani?
Effettivamente sì, ci furono. I problemi più comuni furono con il cibo, che è così diverso uno dall’altro, ricordo che ci si lamentava dell’odore dell’aglio che a quei tempi, in Svezia, non era comune usare in cucina. Durante i primi anni 50, c’erano delle grandi differenze tra svedesi e italiani, molte più di quelle che ci sono ora.
È stato difficile a trovare informazioni dagli italiani o hanno raccontato volentieri la loro esperienza?
Non è stato difficile, hanno raccontato con molto piacere la loro storia. Molti di loro sono parecchio vecchi, ora, sono riuscito a trovare solo circa 10 persone vive. Nonostante ciò ho parlato anche con i loro figli e familiari ed anche loro sono stati contenti di poter raccontare quello che sapevano.
Dopo questo libro la sua considerazione degli italiani e degli italiani in Svezia è cambiata?
Sono stato in Italia molte volte, conosco la cultura italiana e ho frequentato anche qualche corso di italiano, la mia considerazione è molto alta l’Italia. Per ciò che riguarda gli Italiani in Svezia, scrivendo questo libro ho scoperto molti aspetti che non conoscevo, soprattutto per quelli di Linköping.
Bene. La ringrazio per il suo tempo, è stato molto interessante poter conoscere i retroscena di un libro che parla della storia della nostra comunità in Svezia. Non mi resta che consigliare a tutti a di leggere “en enkel biljett till Sverige”.
Grazie a lei.
Intervista a cura di Valerio De Paolis
In foto: Daniel Larrson con il presidente dell’associazione “Il Ponte”, Massimo Apolloni