Quando pensiamo agli Italiani trasferiti in Svezia, generalmente ci riferiamo a ricercatori e studenti del Karolinska, informatici e tecnici che lavorano per Ericsson o Electrolux, titolari di ristoranti e pizzerie italiane, lavoratori specializzati nel settore dell’industria svedese, ma penso che nessuno di noi abbia mai sospettato che qui in Svezia ci siano sportivi italiani, men che meno di altissimo livello e addirittura olimpionici. E ci sbagliamo!
Qui a Stoccolma vive, ormai da moltissimi anni, una tra le atlete italiane che più hanno rappresentato in modo davvero illustre l’atletica italiana.
Un’atleta olimpionica con un medagliere di tutto rispetto, una vera “eccellenza” dello sport: Ileana Salvador.
Quando mi è stato suggerito di intervistare Ileana sono andata nel panico: io? Proprio io che mi stanco anche solo nel guardare una partita di biliardo in tv?
Ma la curiosità di incontrare una vera sportiva ha superato ogni remora e la disponibilità di Ileana e la sua generosità nel raccontarsi, hanno reso tutto davvero stimolante.
Come è nata la passione per la marcia e perché proprio la marcia?
“Da ragazzina praticavo la corsa, il mio “antico amore”. Ho partecipato infatti ai giochi della gioventù nelle campestri. Mi ero iscritta alla mia prima società, l’atletica Quinto di Treviso, per continuare con la corsa. Un giorno ho visto due ragazzine marciare ed ho voluto provare. Trovavo affascinante quell’azione di marcia che ho sempre considerato molto armoniosa e simile al trotto di un cavallo.”
Quanto è stato difficile essere donna e sportiva?
“All’inizio e durante è stata dura conciliare lavoro e sport insieme. Ero un’insegnante supplente e nel contempo frequentavo la scuola di specializzazione per l’insegnamento agli audiolesi. Il primo risultato significativo cioè il titolo di campionessa italiana è arrivato nel 1987 quando sono diventata insegnante di ruolo. Nel 1988 mi sono fermata in quanto attendevo il mio primo figlio.
Venti giorni dopo il parto, ho ripreso gli allenamenti e nello stesso anno dopo pochi mesi ho realizzato il record italiano sui 10 km e nel 1989 quando mio figlio non aveva ancora compiuto un anno ho vinto la mia prima medaglia, l’argento europeo indoor all’Aja e a seguire nello stesso anno il bronzo ai mondiali indoor, il bronzo in Coppa del mondo, titoli italiani in tutte le distanze, 3, 5, 10 km, ed inoltre ho realizzato record italiani ed europei in svariate distanze ed il record mondiale sull’allora distanza olimpica femminile di 10 km in pista per il quale sono stata premiata dal principe Albero di Monaco al galà dell’atletica di Montecarlo nel 1990.
Successivamente negli anni a venire ho vinto altre medaglie. Il mio curriculum si può sintetizzare con la vincita di 10 medaglie individuali tra Campionati europei e mondiali indoor e outdoor, 5 medaglie di squadra nella Coppa del mondo di marcia, 15 titoli italiani, 27 presenze in nazionale, record italiani, europei e mondiali su parecchie distanze che sono stati battuti soltanto recentemente.
Detengo tuttora il record mondiale sui 3 km in pista realizzato a Padova nel 1993 con il tempo di 11.48.24 per il quale ho ricevuto un secondo premio sempre dal Principe Alberto di Monaco.”
In cosa ti ha aiutato nella vita privata la determinazione, che nello sport è evidentemente necessaria?
“Ai miei tempi non vi era la possibilità di gareggiare nei gruppi sportivi militari poiché erano aperti soltanto alla categoria maschile, perciò per poter fare l’atletica a tempo pieno ho dovuto dare le dimissioni dal mio lavoro di insegnante.
E’ stata dura essere atleta e madre nel contempo. Tra varie gare e stage di allenamento non ero mai a casa e non potevo essere una madre presente nella vita di mio figlio del quale durante le mie assenze si prendeva cura la mia ex suocera alla quale devo tanto nella realizzazione dei miei successi sportivi. Ho rinunciato a tutto per l’atletica.
Ho sempre pensato che fosse meglio avere dei rimorsi piuttosto che dei rimpianti perciò mi sono dedicata anima e corpo alla realizzazione dei miei sogni sportivi.”
Qual è stato il tuo successo più sofferto e quello che ti ha dato più soddisfazione?
“Gli anni da atleta sono stati i più belli della mia vita interrotti nel 1994 da una frattura da stress al bacino dovuta agli allenamenti intensi che facevo ed ai km macinati, circa 30, 35 km al giorno.
Paradossalmente la soddisfazione più bella è stata la mia prima medaglia, cioè l’argento agli europei indoor nel 1989 all’Aja con la mia prima intervista in diretta RAI fattami dal compianto giornalista Paolo Rosi allora “voce storica” dell’atletica, mentre il successo più “sofferto” l’argento ai mondiali di Stoccarda del 1993, in quanto ancora oggi rimpiango di non aver provato a superare la finlandese Sari Essayah, ora ministro delle foreste e dello sport del suo Paese, che era assolutamente alla mia portata.
L’atletica è stata per me una maestra di vita, mi ha forgiato, facendomi diventare una buona combattente. Ciò mi ha aiutato a superare ardue situazioni di vita negli anni futuri. Grazie all’atletica ho avuto la possibilità di viaggiare e conoscere realtà e mondi diversi dai miei. Ho potuto avere come compagni di nazionale e di squadra o come Ct, atleti olimpici del calibro di Pietro Mennea, Sara Simeoni, Gabriella Dorio, Eddy Ottoz, Gelindo Bordin, Allessandro Andrei, Giovanni Evangelisti e la mia grande amica Paola Pigni.
Il mio rammarico è quello di non aver potuto gareggiare ad armi pari con i miei avversari internazionali in quanto va detto che prima della caduta del muro di Berlino ed anche in anni successivi, gli atleti dei Paesi dell’est facevano uso di sostanze dopanti.
Ho sempre pensato che l’unico modo per competere con loro fosse quello di allenarsi il doppio come effettivamente ho fatto. Ora ad esempio vengono consegnate delle medaglie retroattivamente se un’atleta viene trovata successivamente positiva al doping, ai miei tempi no. Il mio carniere sarebbe stato più ricco di medaglie”
Cosa ti ha portato qui, ma soprattutto, cosa ti ha fatto restare in Svezia?
“Sono approdata in Svezia in seguito ad un invito a venirmi ad allenare qui da parte del padre delle mie figlie, Bo Gustafsson, anche lui ex marciatore e medaglia d’argento olimpica di Los Angeles 1984.
Ci sono rimasta per amore.
Mi sono subito innamorata di questo Paese, mi piace la filosofia di vita degli svedesi: il loro vivere nel “qui ed ora” e con leggerezza che non è superficialità ma soltanto il frutto di una buona organizzazione. Apprezzo la loro efficienza la loro pragmaticità e la capacità di “far fluire” le cose.
E’ il Paese del merito, che offre molte opportunità a chi ha voglia di impegnarsi. Io ad esempio ho terminato i miei studi universitari in Svezia. Mi ero iscritta alla facoltà di pedagogia in Italia e mi sono laureata in Svezia in Scienze della formazione al “Pedagogen” di Göteborg, una struttura universitaria molto moderna ed all’avanguardia.
Amo il paesaggio svedese, le casette nel bosco e le ore di luce durante l’estate.”
Qual è la cosa che hai trovato più difficile qui in Svezia?
“Ho trovato molto ostico invece l’apprendimento della lingua svedese ed il freddo d’inverno.”
Ora di cosa ti occupi? Lo sport è ancora una parte importante nella tua vita?
“Ho vissuto per 15 anni a Göteborg dove ho lavorato presso il Consolato Onorario Italiano poi nel 2011 mi sono trasferita a Stoccolma e da quell’anno lavoro all’Ambasciata italiana nella sezione consolare.
Nel 2002 ho acquisito la cittadinanza svedese ed ho vinto quattro titoli nazionali assoluti e partecipato a 4 nazionali per la Svezia. Tutto ciò fino al 2005, anno in cui è nata la mia ultima figlia. Da quella data lo sport non ha più fatto parte della mia vita, anche se sono sempre in contatto per una ragione o per l’altra con la federazione italiana di atletica leggera, con i miei ex compagni di nazionale e con una delle società sportive di cui ho fatto parte prima della “Sisport Fiat e cioè la “Fiamma” ora diventata ASI, con presidente il sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro che nel 2017 mi ha conferito a Fiuggi il premio “Gli Italiani nel mondo”.
Quando ho iniziato il mio lavoro all’Ambasciata Italiana a Stoccolma non avevo riferito a nessuno dei miei colleghi circa il mio passato atletico. Ricordo che l’Ambasciatore Mario Cospito quando vide nella mia abitazione un premio con scritto “marciatrice Ileana Salvador”, con grande sorpresa mi chiese se io ero la stessa persona. Capita a volte che anche qualche connazionale mi chieda lo stesso.
Spesso qualcuno mi chiede perché non racconto mai nulla del mio passato sportivo e dei miei risultati ed io rispondo che considero l’atletica un bel capitolo della mia vita ma che mi piace voltare pagina poiché fa parte del mio essere scoprire e cimentarmi in cose diverse come il mio lavoro all’Ambasciata che cerco di svolgere con la stessa passione e la stessa dedizione di quando ero una marciatrice.
Riconosco che le emozioni che si vivono da atleta sia impossibile ritrovarle in altre esperienze di vita: lottare per vincere una medaglia, salire sul podio, vedere la bandiera della propria nazione che si alza, sentire il proprio inno nazionale, sono esperienze impagabili che mi hanno sempre fatto sentire orgogliosa di aver dato a modo mio un piccolo contributo a rendere bello e grande il mio Paese.”
Grazie Ileana!
Intervista a cura di Marilinda Landonio
Foto su gentile concessione di Ileana Salvador