ANTONIO BRUNATI (… 1620 ca – Londra 1665). Scenografo, forse veneto, si laurea in architettura in Italia e, subito dopo, nel 1642, trova lavoro a Parigi presso il Teatro di Corte, anche se come ‘Metteur en Scène’ di balletti anziché come scenografo. Ciò, comunque, accade in quanto il Cardinale italiano Giulio Mazzarino (succeduto quell’anno, al Cardinale francese Richelieu, presso il Ministero di Francia), di concerto con la Regina Consorte di Francia Anna d’Austria, prende la decisione di reclutare artisti e artigiani italiani, tra cui il ‘Maestro di Balletto’ Giambattista Balbi, da destinare tutti all’allestimento di spettacoli. A Parigi, Brunati incontrerà Giacomo Torelli, scenografo e italiano come lui, quando questi arriverà dall’Italia, nel giugno del 1645, inviato dal Duca di Parma Odoardo Farnese su richiesta della regina, per lavorare alla realizzazione del famoso dramma “La finta pazza”, nel quale egli praticamente riprodurrà gli identici elementi scenografici già da lui utilizzati per quella stessa opera, a Venezia.
Stando, poi, a quanto riportato da Rossana Maria Caira e Stefano Fogelberg Rota in “Letteratura, Arte e Musica alla Corte Romana di Cristina di Svezia” dagli Atti del Convegno di Studi e da Stefano Fogelberg Rota ne “L’introduzione del balletto di corte francese in Svezia”, Antonio Brunati, nell’anno 1646, dietro interessamento del Conte Magnus Gabriel De la Gardie nativo dell’Estonia (all’epoca dominio svedese), si trasferisce dalla capitale francese a quella svedese presso la Corte della Regina Cristina figlia di Maria Eleonora di Brandeburgo, anche qui non specificatamente con il compito di architetto o scenografo, ma come macchinista al fianco del Barone Antoine de Beaulieu, ‘Maître de Ballet’, affermato artista francese, che grazie al Cardinal Richelieu anche lui è giunto lì da Parigi alcuni anni prima.
Con le parole che seguono, Brunati descrive il ruolo che il Conte De la Gardie ha assunto per consentire il suo arrivo a Stoccolma: “Ecc.mo mio Sig.re e Patrone. Al splendore del suo nome espongo questi miei spettacoli notturni, non tanto acciò da lei ricevano lume per comparire, quanto che per far spicciare, l’ombre de’ molti oblighi che tengo all’Eccellenza vostra da quel dì che mi levò dal serviggio della Corona di Francia, e mi condusse frà suoi servitori à quella di Suezia. Vero è che con sì poco capitale non può pagarsi quel molto che devo alla sua continua protettione, sotto la quale vissi per otto anni in questi paesi: Ma sò anco che l’animo suo generoso compatirà alla mia impotenza, né cessarà di proteggermi per l’avenire: mentre io andarò sempre mendicando occasioni ovunque farò di mostrarmeli. Umilißimo e divotißimo servitore”.
Brunati, dunque, è giunto e restato in Svezia in seguito alla segnalazione fatta alla Corte di Stoccolma da parte del Conte Magnus Gabriel De la Gardie, Ambasciatore in Francia della Regina Cristina di Svezia.
Magnus è divenuto il favorito della regina appena Cristina ha iniziato a governare Svezia con pieni poteri nel 1642, essendo egli una persona ben educata e di bell’aspetto, per la sua vasta cultura, per la sua capacità negli affari politici, per il suo talento nell’organizzare feste, nonché per la sua abilità di circondarsi di persone stravaganti e particolarmente interessanti. Infatti, nel 1645, Magnus è già promosso Colonnello ‘Livgardet’ e nel 1646 viene incaricato di portare a termine una missione in Francia con lo scopo di scritturare musicisti e artisti in genere, per la Corte svedese, quella stessa missione che conduce, appunto, Antonio Brunati in Svezia e che gli procura un riconoscimento senza precedenti: il matrimonio con sua cugina Maria Eufrosyne del Zweibrücken, con nozze sontuose al Palazzo Reale, volute e organizzate dalla regina in persona. Subito dopo il matrimonio, inoltre, De la Gardie è nominato Consigliere Segreto della Corona di Svezia, fino al privilegio d’essere promosso al massimo grado di Generale.
Quando Brunati fa la sua comparsa nel paese scandinavo, il Teatro in Svezia è affermato già da qualche decennio grazie al drammaturgo religioso Olaus Petri da Örebro, città svedese in provincia di Närke. In questo Teatro, però, cominciano ad inserirsi gli elementi fondamentali della tradizione dell’Europa meridionale – in particolare italiana – portati in Svezia dal drammaturgo della provincia di Östergötland, Arnold Johan Messenius, professore all’Università di Upsala, il quale, dopo un soggiorno a Roma, ha iniziato a diffondere in patria l’idea della «Sacra Rappresentazione». L’importanza di questo eminente studioso nella storia teatrale scandinava è sempre stata molto significativa: a lui, tra le altre cose, si deve però, anche l’orientamento assunto dalla drammaturgia nordica attenta ai fatti della storia, dei costumi e del folklore nazionale. A testimonianza di questo suo contatto con il Roma e dei suoi successivi fecondi rapporti con l’Italia, a Stoccolma è conservata ancora una trascrizione per melodramma che il poeta e librettista veneziano, Apostolo Zeno, ha elaborato su un testo originale di Messenius.
Successivamente al regno di Cristina, in Svezia, pian piano, si verrà, sempre più, ad affermare il balletto – a dispetto della prosa – curato con grande sfarzo e, sempre più, a imitazione francese. Il tentativo operato dagli studenti dell’Università di Upsala, di costituire un teatro regolare e stabile a Stoccolma, infine, si fa risalire al periodo che va dal 1686 al 1691.
Il 13 febbraio del 1647, soltanto pochi mesi dopo l’arrivo in Svezia di Bunati, la Regina Cristina – che è particolarmente affascinata dal teatro e dal balletto, tanto che si diletta personalmente in entrambe le discipline e tra gli spettacoli da lei preferiti vi sono quelli che le propone il famoso drammaturgo francese di Rouen, Pierre Corneille – dispone che venga costruita nel Castello delle Tre Corone di Stoccolma, sotto il controllo dei lavori da parte del Ciambellano Carl Soop, una sala adibita alle rappresentazioni e ai balletti; ed incarica il Brunati a dirigere l’operazione.
Allora egli approfitta di questa occasione, per creare una Scuola di Prospettiva Scenografica con una moderna e attrezzata bottega artigiana ricolma di operai e allievi. Quindi avviene che molto presto in tutto il paese si verifica una rapida diffusione delle sue macchine, impiegate particolarmente per scenografie mobili. Infatti tutti i suoi progetti vengono presto realizzati e con successo. Per di più, c’è da dire, che oltre i suoi congegni, egli riesce a diffondere nei vari teatri del paese, anche la moda di utilizzare scenografie caratteristiche del teatro barocco italiano.
Brunati in Svezia, incontra sempre nuovi italiani. Nel novembre del 1652, ad esempio, viene ingaggiato un gruppo di musicisti e cantanti tramite Alessandro Cecconi ‘Guardarobbiere’ e ‘Gentiluomo’ della regina. La Compagnia, composta di diciotto membri, arriva a Stoccolma sotto la guida dell’organista e compositore Vincenzo Albrici; ridotta poi a quattordici elementi, rimane al servizio della regina fino alla sua abdicazione avvenuta il 6 giugno del 1654. Ciò accade poiché, in Svezia, a quei tempi, il Teatro è considerato come elemento prezioso dell’educazione cortigiana dei nobili, in quanto genere d’arte funzionale all’apprendimento delle dinamiche socio-politiche.
Proprio nel 1654, ormai dopo parecchi anni di esperienza come architetto e scenografo, Brunati riprende ad occuparsi di messinscena e, quindi, ad annunciare le sue manifestazioni, con pamphlets scritti nella propria lingua, benché si firmi comunque “Antonio Brunati Teatrista Italiano Inventore”, avvalendosi per le traduzioni dallo svedese in italiano, del noto ‘Maestro di Lingue’ Iacopo dal Pozzo. Insomma egli ormai si dedica prevalentemente all’organizzazione e all’allestimento degli spettacoli e delle manifestazioni, come in occasione della Festa Teatrale per le Nozze di Sua Maestà Gustavo di Zweibrücken-Kleeburg Re di Svezia, detto Carlo X (ma in verità Carlo IV!) con la Principessa Hedvig Eleonora di Holstein-Gottorp.
La definizione di ‘Festa Teatrale’ da lui usata, in riferimento ai compleanni e ai matrimoni imperiali sta ad indicare la natura della sua opera in Svezia. Infatti tale espressione rimanda immediatamente alle cosiddette feste teatrali veneziane ormai divenute famose in tutta Europa, per l’uso delle quinte illusionistiche e per l’utilizzo di quelle straordinarie macchine che consentono rapidi cambi di scena a vista. Anche il giornale dell’epoca “Cortese Lettore”, in riferimento alle scene di Brunati, evidenzia: «L’architettura ‘mobile’ de Teatristi è tanto differente da quella ‘stabile’ degli Architetti. Le scene ideate dal teatrista italiano sono quindi ‘mobili’, ossia ‘convertibili’. Infatti, nella descrizione del primo atto del ‘Ballet de la Félicité’, il pubblico all’alzarsi delle quinte, può vedere un sole che sorge all’orizzonte per poi nascondersi dietro una nuvola». Queste sue macchine, insomma, consentono ascensioni verticali sulla scena, come il sollevamento delle due figure che reggono gli stemmi araldici appartenenti alle due famiglie degli sposi.
Antonio Brunati resta in Svezia ben tredici anni, nel periodo in cui governa la Regina Cristina e successivamente Carlo X, ma alla fine dell’anno 1659, ormai da due anni ‘ammalato e miserevole’, decide di lasciare quel paese. A copertura delle spese per il viaggio di ritorno in Italia, intrapreso il 17 giugno di quell’anno, gli viene riconosciuta dalla Corte di Svezia, la somma di 10 Riksdaler.
Ma, come scrivono Juan A, Pietro-Pablos in “Antonio Brunati, King’s Company Scenekeeper (1664-65)” e Andrew R. Walkling in “English Dramatick Opera, 1661–1706”, la sua fortunata carriera di scenografo continua a Londra dove, ona volta recuperate le energie, si trasferisce, abbandonando di nuovo l’Italia nel 1664. Infatti il 16 luglio di quello stesso anno, inizia a lavorare nella capitale inglese, sempre nell’ambito del Teatro, all’interno della King’s Company, patrocinata da Carlo II Stuart Re d’Inghilterra, con l’incarico di “Scenekeeper”, ossia di “Curatore delle Scene”. Nell’estate del 1665, però, deve fuggire, insieme al suo aiuto macchinista Emanuel Fonseca, portoghese, per lo scoppio improvviso d’una epidemia di peste, per cui, essendosene perdute le tracce, si presuppone, possa essere rimato contagiato dal morbo e, quindi morto, in quel frangente.
A Londra la peste compare nel luglio del 1665. Re Carlo II si trasferisce, assieme alla famiglia reale, presso la corte ad Oxford, area salubre, al riparo dal contagio. Fuggono anche le persone benestanti. Il Sindaco Lord Mayor, invece, resta in città insieme ad un esiguo numero di ecclesiastici: tra questi l’Arcivescovo di Canterbury ed il Vescovo di Londra. Anche diversi medici e i farmacisti decidono di rimanere ad aiutare chi è rimasto, soprattutto i poveri, a fronteggiare il morbo. Per frenare il diffondersi del contagio ovunque vengono fatte bruciare delle torce, sia di notte che di giorno, in modo da purificare l’aria, mentre per le strade, vengono sparse spezie e resine. Le autorità, intanto, invitano i cittadini a proteggersi il volto con delle bende e a consumare tabacco. Però, malgrado tutte queste precauzioni, una altissima percentuale di popolazione soccombe. Alla fine dell’autunno il contagio comincia a placarsi ed il re con la corte tornarono in città. Però la mortalità continuerà ancora per alcuni mesi, fino allo scoppio di una nuova catastrofe: il grande incendio, che devasterà quasi tutti gli edifici di Londra e causerà altre vittime tra quei cittadini magari ormai immuni, ma comunque stremati in quanto appena sopravvissuti, con estreme difficoltà, all’epidemia di peste o tra coloro che, addirittura, stanno ancora rischiando di contrarre il morbo perché non definitivamente sconfitto, malgrado la morte, tra le fiamme, dei ratti, responsabili d’aver diffuso l’epidemia.
Alberto Macchi
Photo: Warburg – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20645948