È noto che le tecniche di cottura sono uno dei punti più qualificanti della gastronomia.

Fin dal primo uso del fuoco la brace fu l’unica fonte di calore che l’umanità potè usare per cuocere i cibi. Si cucinava sulla fiamma viva del fuoco che ardeva in buche scavate nel terreno: poi si usarono pietre riscaldate o braci per avere una cottura più controllata.

Nell’antica casa romana la zona cottura consisteva in una costruzione in muratura sulla cui superficie trovavano posto alcuni fori rettangolari in corrispondenza del fuoco acceso nel vano sottostante

Successivamente nelle case contadine il cibo veniva spesso sistemato in calderoni di metallo appesi e il calore era regolato ponendo il calderone più o meno in alto sopra il fuoco. Il fumo e la fuliggine erano un problema enorme che si riuscí a superare con il sistema dei camini

Nel 1600 riprendendo l’idea delle cucine nell’antca Roma fu creato in Francia il ”potager” che comprendeva un piano in muratura con fori e griglie al di sotto dei quali venivano poste delle braci che permetteva di gestire l’intensità dei fuochi.

Tutti peró sistemi faticosi, inquinanti, pericolosi che richiedevano attenzione e lunghi tempi per raggiungere lo scopo di avere dei cibi caldi e mangiabili.

Solo nella seconda metà del 1800 comparvero in Inghilterra le prime cucine in ghisa riscaldate con carbone e solo nel  1837, James Sharp, ingegnere presso lo stabilimento di Southampton Gas, progettò la prima cucina a gas che a partire dal 1880 divenne un successo mondiale.

Però il rapporto con la fonte energetica del gas era sempre di grande dipendenza e così, durante la Prima guerra mondiale, si svilupparono sistemi alternativi per risparmiare combustibile.

Uno di questi fu la cassetta di cottura, usato in precedenza principalmente dagli agricoltori per avere cibo caldo al rientro dai lavori nei campi,

 Si trattava di una cassetta di legno o di cartone, con all’interno una imbottitura di paglia, fieno, o crine vegetale, oggi sostituita dalla lana, attorno a uno o due spazi cilindrici rivestiti di feltro ove inserire le pentole per “ultimare” la cottura dei cibi iniziata sul fuoco dei fornelli.

La scatola chiusa permetteva, durante il trasporto al fronte, di ultimare la cottura a circa 60°, offrendo così al soldato in prima linea un cibo tiepido.

Su un Manuale di 150 Ricette di Cucina di Guerra, del 1916, si trovava anche l’indicazione su come fabbricarsi una propria Cassa-fornello o cassa di cottura, una via di mezzo fra una pentola a pressione e uno scaldavivande. Un metodo sano, comodo ed economico che, senza una continua sorveglianza dei cibi, permetteva di risparmiare circa i 3⁄4 del combustibile.

Dopo la guerra sembrava un metodo ormai superato, ma, a causa delle sanzioni economiche del 1935 che portarono notevoli privazioni, fu ripreso il sistema delle cassette di cottura ed il suo uso fu addirittura suggerito dal capocuoco della casa reale per preparare piatti più leggeri e meno costosi.

Ed ora é tornata di moda. La ”cassetta”, oggi chiamata “scatola di cottura”recupera una tradizione sana e antica della cultura popolare, come quella della cottura lenta dei cibi con risparmio energetico ed esaltazione dei sapori. Una cottura a basse temperature, per lunghi periodi di tempo ed in assenza di ossigeno che inoltre non ha bisogno di sorveglianza e che non emana odori ottenendo non solo un risparmio energetico, ma anche grandi risultati nutrizionali e gastronomici. Infatti una cottura prolungata a temperatura limitata e senza un rilevante contatto con l’ossigeno é salutare dato che restano intatti molti principi nutritivi, come le vitamine, e gli aromi vegetali e animali

Oggigiorno si puó comprare on line una ”scatola di cottura” da montare e la sua diffusione cresce con la necessitá, come nel passato, di risparmio energetico. È tempo quindi di comprare, montare e provare l’efficacia della scatola di cottura

Massimo Apolloni
Foto:https://pixabay.com/it/photos/cucinando-ingredienti-distesi-5880136/