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Lavoratori da tutta Europa a Bruxelles: correggete il Green Deal

Bruxelles, 5 feb. (askanews) – Diverse migliaia di lavoratori dell’industria metalmeccanica e siderurgica, chimica e farmaceutica, tessile e dell’energia, hanno manifestato oggi a Bruxelles, in una piazza a poche centinaia di metri dal Parlamento europeo e dalla Commissione, per chiedere una correzione di rotta nel Green Deal che tenga più in conto le loro esigenze di conservare il lavoro, e che investa di più, anche con più fondi pubblici, per scongiurare la deindustrializzazione in Europa. E per esigere una vera e propria politica industriale europea che accompagni la transizione verde e digitale, prevenendone i possibili effetti negativi e ingiusti sul lavoro e sui ceti meno abbienti.    

La manifestazione era stata organizzata da IndustriALL-Europe, la Federazione Europea dei sindacati dell’industria. Tra le sigle sindacali italiane, hanno partecipato la Fiom e la Filctem della Cgil, Uilm e Uiltec della Uil, Femca e Fim della  Cisl. A sostegno dei dimostranti sono arrivate in piazza anche delegazioni degli europarlamentari italiani del Pd, del M5S e dell’Alleanza Verdi Sinistra.

Diversi sindacalisti hanno parlato ai giornalisti presenti, per spiegare le ragioni della mobilitazione. “Oggi è una giornata importante: da questa piazza – ha detto Daniela Piras (Uiltec-Uil) – noi rivendichiamo la necessità di azioni immediate, forti, determinate e incisive affinché si intervenga per salvaguardarci dal rischio, che stiamo correndo, di deindustrializzazione dell’Europa. Siamo pronti a raggiungere gli obiettivi che sono stati posti dal Green Deal e tutti gli altri obiettivi per quanto riguarda la salvaguardia del nostro pianeta e la famosa transizione energetica”.

Ma, ha puntualizzato Piras, “riteniamo che questo debba avvenire attraverso la neutralità tecnologica”, tenendo conto “delle necessità di tutti i sistemi industriali di ogni singolo paese” e dando “l’opportunità fondamentale di salvaguardare le produzioni, e quindi i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, che rischiano – ha rilevato – di essere gli unici soggetti che pagheranno le scelte di un’Unione europea che non tiene conto delle necessità del sistema industriale e del sistema produttivo del nostro continente”.

“Rispetto anche ai nuovi assetti geopolitici, occorre una logica più europeista, contro le suggestioni nazionaliste: fare fronte comune per riuscire a salvaguardare quello che è un grande patrimonio di tutta quanta l’Europa, dai settori metalmeccanico e chimico, a quello manifatturiero, alla moda e alla ceramica. Abbiamo ormai – ha lamentato Giovanni Rizzuto, (Femca-Cisl) – un processo di deindustrializzazione che sta facendo franare le fondamenta dell’industria europea. È il momento ora di intervenire e sostenere questa nostra grande tradizione. E quello che chiediamo è che tutto ciò che sarà fatto, che riguarda noi, non debba essere fatto senza di noi”.

“L’individuazione degli obiettivi importanti e sfidanti del Green Deal, che servono per rendere il Pianeta migliore per le future generazioni, non è stata accompagnata da politiche industriali che potessero consentire il raggiungimento di quegli obiettivi”, ha rilevato Marco Falcinelli (Filctem-Cgil). “Non si tratta di mettere in discussione gli obiettivi. Ma le transizioni bisogna governarle. Se non le governiamo le subiamo, e se le subiamo il prezzo lo pagheranno le lavoratrici e i lavoratori”.

“Quindi – ha precisato – non c’è una contraddizione con le politiche fatte anche dalla Commissione europea precedente e dai governi anche di sinistra, progressisti. Il tema è mantenere quegli obiettivi; ma bisogna accompagnarli con politiche industriali, sostenerli con investimenti importanti, sia pubblici che privati. Il rapporto Draghi parla di investimenti per 500 miliardi di euro all’anno per dieci anni. Ecco, penso che sia anche una valutazione anche sottostimata rispetto alle condizioni dell’industria europea”.

“E c’è anche – ha ricordato Falcinelli – un problema legato al costo dell’energia, che rende l’industria europea molto meno competitiva. E’ un tema che riguarda tutti i paesi, ma in modo particolare l’Italia, perché è un paese manifatturiero che non ha materie prime. L’industria italiana è fortemente energivora, e tutte le industrie del nostro paese soffrono di questa condizione. Noi abbiamo fatto delle proposte, abbiamo sostenuto da tempo che per evitare le speculazioni finanziarie sul mercato dell’energia bisognerebbe intanto provare a disallineare il prezzo dell’energia elettrica del costo del gas. Sarebbe un primo passo”.

“Come metalmeccanici – ha detto Ferdinando Uliano, (Fim-Cisl) -, noi siamo presenti in questa piazza insieme ai lavoratori della siderurgia, del settore dell’auto, degli elettrodomestici; sono interi settori in cui nel nostro paese stiamo macinando cassa integrazione, licenziamenti, tentativi e operazioni di chiusure di stabilimenti. Questi sono i prezzi che stiamo pagando rispetto a un’assenza di politica industriale. E nell’Unione europea, dove l’austerità sta ritornando con le logiche del Patto di stabilità, per noi diventa fondamentale invece una politica di investimenti, di rilancio dei settori industriali”.

“In un mondo che crea competizione tra i paesi, da soli non ce la si fa. Chiediamo ai politici – ha continuato Uliano – di agire dentro una logica che non è la vecchia logica in cui governano i capitali, la concorrenza spietata. Dobbiamo fare sistema, dobbiamo fare in modo che l’Europa reagisca a una competizione che rischia di spazzare via il sistema industriale, consentendo di avere una tenuta sociale e democratica dei paesi membri. E ci aspettiamo una risposta concreta da parte della politica, anche dalla politica di Bruxelles, insieme a quella italiana: che ascoltino le organizzazioni sindacali e i lavoratori”.

“Oggi – ha detto Michele Palma, della Fiom-Cgil – i lavoratori dell’industria da tutti i paesi europei si sono uniti mentre invece in Europa crescono i nazionalismi, i corporativismi e gli aziendalismi delle imprese. Loro si dividono e quando si dividono e lottano tra di loro a pagarne le conseguenze sono spesso le lavoratrici e i lavoratori”.

“Noi siamo qui oggi – ha sottolineato – per dire che la transizione non si può fare contro le lavoratrici e i lavoratori, la transizione si può fare solo con loro, quindi bisogna bloccare i licenziamenti in Europa, garantire l’occupazione, realizzare gli investimenti e una redistribuzione in termini di salario e di riduzione di orario per la vita delle persone. Siamo qui da tutta Europa per dire che se c’è un futuro per questa Europa democratica deve fondarsi sul lavoro, e sul lavoro dei metalmeccanici e dei lavoratori chimici”.

L’intervento più duro contro il modo in cui si sta attuando il Green Deal in Europa è stato quello di Rocco Palombella, segretario generale Uilm. “Siamo qui per dire al Parlamento europeo: fermatevi, siete ancora in tempo, non potete continuare così. Questa è l’Europa contro l’Europa, una divisione impossibile. Dobbiamo immediatamente fermarci e riconsiderare la transizione, perché così distrugge posti di lavoro, distrugge socialità, distrugge gli Stati, distrugge un’industria manifatturiera in grado di poter garantire diritti e prospettiva occupazionali e dignità. Lo vogliono capire, sì o no? Noi veniamo qua per dirgli basta. Siamo diventati la barzelletta del mondo”.

“Tutti gli Stati ci vedono come quelli che fanno Harakiri. Non possiamo essere i soli a salvare il Pianeta. Noi vogliamo salvare il Pianeta, e soprattutto le persone, i posti di lavoro e la dignità. Lo diciamo alla destra, alla sinistra a tutto il Parlamento europeo e a tutti gli Stati: così non si può andare avanti. O lo capiscono o glielo faremo capire in tutti i modi”, ha concluso Palombella.