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M.O., Israele spinge il piano Trump, Tajani: è sbagliato

di Corrado Accaputo Ashdod, 6 feb. (askanews) – La posizione italiana sulla Palestina è “chiara”, “siamo per due popoli e due stati, ma il neonato Stato palestinese dovrà riconoscere Israele e dovrà essere riconosciuto da Israele: ogni altra mossa sarebbe velleitaria e sbagliata, e direi controproducente”. Antonio Tajani è appena arrivato ad Ashdod, in Israele. È sollecitato dai giornalisti a commentare il piano Trump sulla Striscia di Gaza, e non si tira indietro. La risposta conferma la postura storica dell’Italia sulla crisi israelo-palestinese e suona, almeno al momento, come una presa di distanza dalle ultime esternazioni del presidente Usa. Al suo fianco, l’omologo israeliano Gideon Sa’ar lo ascolta interessato. Ha opinioni diverse. “Israele e Italia sono stretti alleati degli Stati Uniti e i nostri governi sono vicini al presidente Trump e alla sua amministrazione. Oggi credo sia importante ascoltare attentamente le nuove idee che sono state proposte e pensare fuori dagli schemi”, sottolinea.

Tajani segue Sa’ar fino a un certo punto. Concorda sulla necessità di guardare avanti e di “lavorare per il futuro”. Ammette che ci sono “molte idee”, ma qui si ferma. E ribadisce: “la posizione dell’Italia è molto concreta. Crediamo in una regione con due popoli, due stati”. Al momento però è “impossibile riconoscere” la Palestina, perché per ora “non esiste”. “Per questo occorre guardare avanti”, lavorare per la “futura stabilità della regione”.

Il ministro conferma che non c’è posto per Hamas nella Striscia, mentre il suo omologo dello stato ebraico insiste sul fatto che “Gaza è un esperimento fallito” e “ha certamente fallito sotto il regime di Hamas”. “Gaza nel suo stato attuale non ha futuro. Dobbiamo cercare di trovare una soluzione diversa”, commenta Sa’ar, secondo il quale “gli Usa sono un ottimo candidato per ripristinare la Striscia di Gaza dopo la guerra”.

Quanto al presente, invece, non si può prescindere dall’impegno per l’assistenza umanitaria ai civili palestinesi di Gaza. Sa’ar invita tutti i Paesi che vogliono contribuire a “fare come l’Italia”, che collabora con “associazioni diverse dall’Unrwa”, che “non è parte della soluzione, ma parte del problema”. E anche Tajani su questo punto è molto chiaro, con un messaggio caro al governo di Benjamin Netanyahu. “Abbiamo sospeso i finanziamenti all’Unrwa per il suo coinvolgimento nell’attacco del 7 di ottobre. E condanno fermamente la scelta di utilizzare una sede dell’Unrwa per tenere ostaggi israeliani a Gaza da parte di Hamas”, preside il ministro. “Noi stiamo lavorando in questa fase con un’altra organizzazione della Nazioni Unite, che è il Programma alimentare mondiale, con il quale ci troviamo benissimo”.

E proprio al Pam Tajani ha consegnato oggi un carico di beni di prima necessità forniti dalla nostra Cooperazione e 15 camion donati per facilitare le operazioni di distribuzione degli aiuti nella Striscia. Il titolare della Farnesina è arrivato con la ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini e il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio. Presente anche una squadra di medici universitari italiani che rimarrà in Palestina per contatti immediati con l’Autorità Palestinese.

Per Tajani, “Food for Gaza può diventare un progetto da ribattezzare Italy for Gaza. Non siamo abituati a fare propaganda, siamo abituati ad agire”. Oltre ai mezzi pesanti donati al Pam, gli aiuti comprendono 14,5 tonnellate di beni di prima necessità, tra cui taniche per la distribuzione dell’acqua e beni volti a contrastare l’impatto dell’inverno, come materassi e coperte a media e alta resistenza termica.

Il governo italiano ha anche deciso di ampliare il focus dell’iniziativa Food for Gaza alla ricostruzione della Striscia, a partire dal settore sanitario. A questo proposito, particolare attenzione è stata posta al tema delle evacuazioni mediche di bambini dalla Striscia. L’Italia accoglierà 14 piccoli palestinesi, malati oncologici, con i rispettivi familiari, per un totale di 42 persone, per garantire loro cure adeguate. “L’obiettivo è aumentare ulteriormente il numero di questi bambini”, secondo il ministro.

Israele ha ritirato la disponibilità a usare il valico di Kerem Shalom per la loro evacuazione e l’unica possibilità è un’uscita da Rafah, che al momento ha riaperto per le sole evacuazioni di combattenti feriti. Dal valico al confine con l’Egitto dovranno essere trasferiti con un unico trasporto al Cairo. Da qui, partiranno per l’Italia: quattro saranno assistiti a Milano, due a Monza, gli altri saranno curati all’Ospedale Regina Margherita di Torino e all’Umberto I di Roma. I tempi di uscita dipenderanno dalla rapidità di controlli e autorizzazioni al trasferimento. “La procedura burocratica è lunga, il problema non sono i bambini ma chi li accompagna”, conferma Tajani. Al momento, si pensa possano arrivare in Italia tra il 15 e il 16 febbraio. Coa