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M5S, verso voto iscritti sulle regole: terzo mandato non per tutti

Roma, 14 mar. (askanews) – Reduce dalle barricate (simboliche) a Strasburgo contro i progetti europei di riarmo, fermo nel suo no alla manifestazione “europeista” di sabato 15 marzo, impegnato a costruire la manifestazione del Movimento 5 stelle contro la guerra e contro il carovita e il caro-bollette, Giuseppe Conte in questi giorni, è al lavoro anche sul fronte interno. “Stanno arrivando”, giura un deputato stellato in genere bene informato, a proposito delle molto attese regole in materia di limiti ai mandati elettivi nelle istituzioni. Conte “è pronto, a breve il nuovo codice etico sarà sottoposto al voto degli iscritti”, senza altri passaggi intermedi negli organismi dirigenti.

Breve riassunto delle puntate precedenti: il “processo costituente” avviato dall’ex premier dopo il tonfo elettorale delle europee (prima volta sotto il 10 per cento in una consultazione nazionale) si è concluso a dicembre con il secondo voto on line della base sul nuovo statuto e con l’eliminazione del ruolo del garante, fino a quel momento rivestito dal fondatore Beppe Grillo. Alcune delle questioni sottoposte al giudizio degli iscritti, tuttavia, non comportavano una modifica automatica delle norme interne. Fra queste, appunto, il superamento del limite, contenuto nel codice etico, dei due mandati nelle istituzioni: un freno alla promozione dei “migliori” o quantomeno dei più esperti e più noti fra gli esponenti stellati; e quindi, secondo l’opinione ormai maggioritaria nel Movimento, un danno alla forza elettorale delle liste a 5 stelle e alla loro capacità di azione politica.

Le prime idee che Conte aveva sottoposto ai suoi a gennaio, nel corso delle riunioni con i gruppi parlamentari e con il Consiglio nazionale, tuttavia, non avevano ottenuto un’accoglienza festosa dai suoi. Troppe le aspettative di parlamentari in cerca di conferma e di ex parlamentari in cerca di nuove avventure istituzionali, aspettative spesso inevitabilmente contrapposte, “uno scontro naturale, senza astio, ma di tutti contro tutti”, secondo la disincantata ma rigorosamente anonima lettura di un alto dirigente dei 5 stelle. In molti si attendevano, dopo il largo pronunciamento degli iscritti, che il limite dei due mandati sarebbe stato semplicemente cancellato, e di conseguenza che si sarebbe formata una lunga fila per rimanere in Parlamento (o tornarci, per chi ha fatto le due legislature precedenti ed è adesso in “pausa”).

Conte però ha sempre tenuto duro e ha giurato di non lasciare spazio a un “liberi tutti” a suo giudizio incompatibile con l’ispirazione originaria del M5S, contraria alla politica come mestiere. Nelle scorse settimane ha sottoposto dei testi al comitato di garanzia, composto dall’ex presidente della Camera Roberto Fico, dall’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, in passato tra le figure più vicine a Grillo e la cui permanenza nel Movimento è considerata ancora in bilico, e dall’ex parlamentare Laura Bottici. Il trio gli ha fatto pervenire delle osservazioni, e Conte, che pure nella sua vita precedente faceva l’avvocato e il docente universitario di diritto, ha preso ancora tempo per confrontarsi con i suoi consiglieri più fidati.

Quale sarà il punto di approdo? In sostanza, raccontano alcuni eletti nei corridoi del Parlamento, i punti cardine delle nuove norme da sottoporre all’approvazione degli iscritti in una nuova consultazione on line, sono i seguenti: rimane in vigore il divieto dei tre mandati nella stessa istituzione, mentre si potranno fare due mandati parlamentari e uno regionale, o comunale (la deroga venne fatta già in era Grillo per la sindaca Raggi con il cosiddetto “mandato zero” nel consiglio comunale). E naturalmente viceversa: due in Regione uno in Parlamento, ad esempio. Questa regola sbloccherà la probabile candidatura alla presidenza della Regione Campania di un 5 stelle in quota centrosinistra: si è molto parlato di Fico ma il tam tam interno considera in lieve vantaggio l’attuale vicepresidente della Camera Sergio Costa.

In ogni caso, Conte si terrà le mani libere (o l’ultima parola) sulle candidature, attraverso il meccanismo delle deroghe: per superare i limiti citati, infatti, servirà l’approvazione del presidente, o quantomeno sarà lui a indicare per quali personalità interne si potrà chiedere agli iscritti o agli organismi dirigenti di derogare ai limiti. “Anche perché – fa notare un parlamentare M5S di lungo corso – se faremo un accordo di coalizione, nei collegi, dove ci devono votare anche gli elettori di altri partiti, chi possiamo mettere, l’ultimo arrivato o un ex ministro?” Ma l’accordo di coalizione a ipotetiche elezioni politiche future, come testimoniano le repliche piccate di qualche esponente Pd alla battuta di Conte sul partito che si è dimostrato “troppo plurale” nel recente voto a Strasburgo sul riarmo europeo, resta tutto da costruire.