I bambini ritornano come sempre dalla scuola come una banda chiassosa completa di grancassa, tromboni e clarinetti. Per una volta tanto però, a fare più rumore non sono loro, ma la banda di delinquenti che si portano dietro. Più sopra che dietro, a dire il vero. In testa, per la precisione. Sono i temutissimi pidocchi. Nonostante quei piccolissimi stronzetti fossero stati preannunciati dalla lettera informativa della scuola le nostre precauzioni non sono state sufficienti. Non è bastato inondare il cuoio capelluto dei bambini prima di andare a scuola con abbondanti spruzzate di Linicin Prevent, che da quanto descritto dal bugiardino dovrebbe dare ai pidocchi lo stesso disgusto che dà la puzza d’aglio dei pendolari sul treno alle mie narici. Neanche i nostri discorsetti catechizzanti mirati a incoraggiare i miei figli a stare ad almeno dieci metri di distanza dagli altri bambini, specialmente quelli che si grattano la testa e che assomigliano a Telespalla Bob o Caparezza, sono serviti.
Ora serve intervenire in fretta. Bisogna passare alle misure forti.
Chiamo subito i vigili del fuoco, l’impresa di disinfestazione Anticimex, l’esercito svedese e la malavita organizzata stoccolmese, per la par condicio. Infine giusto per non sapere a quale santo votarsi mando un’enciclica anche al Papa in Vaticano. Qualcosa dovevo fare. Qualcosa deve succedere. Non posso vivere con dei parassiti in casa. E, per chiarezza, non mi riferisco ai miei figli.
In pochi minuti non solo il mio appartamento, ma anche tutto il palazzo è ricoperto da teloni a strisce alternate verdi e gialle come quelle dei film americani o – vista la mia reazione esagerata e alquanto ridicola – simili a quelle di un circo, non delle pulci ma ci andiamo vicino.
Mi faccio coraggio e m’infilo la tuta gialla di plastica isolante, i guanti protettivi, gli stivaloni di gomma e il casco ermetico con visiera. Walter White di Breaking Bad scansati che non sei niente in confronto.
Sulla mano destra tengo la fiamma ossidrica e sulla sinistra uno scudo medioevale raffigurante un imponente drago alato rosso fuoco. I miei figli tremano per la paura ma con un cenno di assenso del capo mi fanno capire che sono pronti a compiere il sacrificio per il bene della famiglia. Ora tutto è pronto per la fumigazione dei due pargoli.
Faccio un passo in avanti e proprio in quel momento mia moglie mi dà un buffetto in testa e mi scuoto da quello stato confusionale. Stavo solo sognando a occhi aperti. Queste barbarie non sono necessarie. Il problema però rimane e va risolto comunque al più presto.
Ci sono metodi migliori e meno brutali per liberarsi dei pidocchi. Punto primo, è fondamentale l’utilizzo di un pettine speciale a denti stretti. Come i fanoni delle balene che filtrano tutto e fanno passare solo il minuscolo plancton questa spazzola specifica blocca uova vuote – riconoscibili dal color bianco – e animaletti indesiderati morti – riconoscibili dall’espressione arrogante di sfida nei confronti dell’ospite. Non c’è dunque il rischio di finire come Pidocchio… hm, pardon, come Pinocchio e Geppetto nella pancia del grosso cetaceo. Punto secondo, bisogna applicare Linicin shampoo o lozione per uccidere i pidocchi vivi. Con forza bruta come se si dovesse arare un campo dopo l’estate afosa? No, basta lascialo riposare sui capelli per 15 lunghissimi minuti prima di sciacquare via tutto. La difficoltà sta nel trovare una canzone abbastanza lunga da cantare sotto la doccia. Punto terzo, per eliminare anche le uova che devono ancora schiudersi – riconoscibili per il colore più scuro – bisogna tornare al punto primo e ripassare il pettine mattina e sera. Una faticaccia. E io che pensavo che per eliminare le uova bastasse metterle in acqua e buttare via quelle che galleggiano.
Dopo un’oretta, mi siedo sul divano e rilasso i muscoli delle spalle, ma il bugiardino del Linicin mi richiama all’ordine. Niente soste: Il trattamento va ripetuto dopo dieci giorni seguendo l’alternanza punto uno, punto due, un-due, un-due, un-due, come una vera marcia dell’esercito.
Alla fine io e mia moglie siamo sudati in acqua, ma abbiamo finalmente completato la procedura. È stata durissima e ci meriteremmo un po’ di riposo, ma sento la maglietta tirare da sotto. È l’altro figlio che mi ricorda che ora è il suo turno e che poi toccherà anche a noi genitori: un bel grattacapo.
Roberto Riva