Sto cercando il prossimo libro da leggere nella libreria di casa. La mia concentrazione è totalmente dedicata alla ricerca di uno specifico romanzo che so di aver acquistato qualche anno fa e che ora è diventato il prescelto. Scorro con le dita tra i volumi incastonati e alla fine mi appare in tutto il suo splendore e saggezza. È arrivato il suo momento. Lo estraggo con foga dalla pila degli altri libri e all’improvviso sento cadermi addosso una pioggia di perline. Non è una metafora per esprimere la gioia per aver trovato il libro giusto da leggere, è proprio una pioggia di perline di plastica vere. Avevo dimenticato di averle lasciate là sopra i libri qualche ora prima a riparo dalle mani maldestre dei miei figli che avrebbero potuto fare danni incalcolabili al lavoro che avevamo iniziato insieme. Ci metto un paio di secondi per rendermi conto di quello che è successo e subito dopo impreco per la mia goffaggine. Urlo troppo forte e sveglio mio figlio che si era addormentato da poco dopo il rituale della lettura della storiella serale. Oltre che maldestro, dunque, sono anche stupido per aver gridato e averlo svegliato. Lui si dispera perché gli ho rovinato la pärlplatta incompiuta a forma di labirinto che avevamo iniziato a preparare poche ore prima.

 

Cosa è una pärlplatta? È una piastrina di plastica rigida sulla quale si possono appoggiare, una ad una da bravo amanuense medievale, delle perline di plastica riciclata a forma di minuscoli rotoli di carta igienica di diversi colori per formare uno schema o un pattern, un po’ come in un mosaico. Trasformandosi poi in un’efficiente casalinga di Voghera si può passare sopra il ferro da stiro per consentire al calore di fondere la plastica quel tanto che basta da far tenere unita la composizione. Con una pärlplatta ci si può sbizzarrire in moltissime creazioni: non solo semplici targhette decorative con disegni e figure di ogni tipo dando completamente sfogo alla fantasia, ma anche addobbi per l’albero di Natale, spille, braccialetti, ciondoli e collane, orecchini oppure addirittura dei coloratissimi sottobicchieri. La pärlplatta è un’espressione artistica tipicamente svedese. Infatti è stata inventata e patentata da Gunnar Knutsson a Vällingby (nella periferia di Stoccolma) all’inizio degli anni ’60. Io non ricordo di averci mai giocato da bambino in Italia ed è un peccato perché è davvero divertente e creativa. È anche molto meditativa in quanto posizionare una perlina alla volta con cura e precisione richiede concentrazione e presenza mentale. È anche molto “bestemmiativa” purtroppo perché quando le perline non vogliono saperne di stare ferme, sfuggono alla presa delle mie ditone paffute oppure cadono e si disperdono sul pavimento di casa diventa complicato e faticoso ritrovare la pazienza e ricominciare. Inoltre è un modo fantastico per passare più tempo con i bambini e realizzare un progetto assieme, nonostante spesso la pärlplatta inneschi il mio atavico perfezionismo e appena mi accorgo che i bimbi sbagliano o fanno confusione, di solito dopo cinque minuti, sono costretto ad allontanarli come farebbe un burbero buttafuori con i clienti molesti all’ingresso dei locali notturni oppure come un arbitro severo ma giusto quando espelle un giocatore per un brutto fallo.

 

Ora posso chiudere la parentesi e ritornare alla mia disperazione per aver fatto volare giù dalla libreria tutte le perline della pärlplatta che stavo costruendo per mio figlio. Non ce la faccio a vederlo così mogio e devo promettergli che riparerò al mio errore. Gli do un bacio e lo mando a dormire perché ormai sono già le otto e mezza passate. Lui sembra soddisfatto e io mi rimetto al lavoro. Punto una lampada ben illuminata sul tavolo da lavoro, mi rimbocco le maniche, inforco gli occhiali e afferro una pinzetta per completare questa semplicissima placchetta di perline da circa settecento pezzi. Mi sento Gil Grissom di CSI mentre analizza i suoi insetti. Abbasso quindi la testa e lavoro sodo e con attenzione… e finisco in un lampo. Facile.

— Ecco fatto! Eh che ci voleva? Ci avrò messo cinque, dieci minuti?

Nessuno mi risponde. È buio e silenzioso attorno a me. Nessuna macchina gira per le strade della città. Comincio ad avere un brutto presagio. Alzo gli occhi verso l’orologio appeso al muro e sbianco. Sono le due e mezza di notte. I muscoli delle spalle e del collo mi dolgono da morire e domani devo andare al lavoro. Per la disperazione sbatto la testa sul tavolo, ma le vibrazioni fanno traballare la pärlplatta che infine si rovescia e fa cadere di nuovo tutte le perline.

Inspiro profondamente. Cerco di trattenere l’uragano di bestemmie che sento dentro i polmoni, ma non ce la faccio.

Tre secondi più tardi tutti gli abitanti del palazzo si svegliano nel cuore della notte.

Roberto Riva
Foto di Annica Utbult da Pixabay