Chiudo gli occhi e inspiro.
Stop. Non ce la posso fare. Ho appena letto una notizia devastante e solo dopo qualche secondo ne ho realizzato le potenziali conseguenze. Brutta notizia per me… e per molti altri come me.
Ho ancora gli occhi chiusi e la mia fantasia comincia come sempre a farmi brutti scherzi. Immagino i ritardi dei treni. Mi vedo invecchiare seduto alla panchina della banchina mentre la vita mi scorre a fianco e i figli dei miei figli vanno avanti per la loro strada mentre io sono ancora alla fermata. Non mi è difficile pensare a tutte le persone come me che iniziano una lotta all’ultimo sangue per i pochi posti rimasti nel vagone. Corriamo come soldati scozzesi comandati da William Wallace nella battaglia di Falkirk, dove è importante ricordare che furono quasi tutti sterminati. Mi visualizzo tra i fortunati passeggeri sopravvissuti, schiantato contro un muro di altri passeggeri infastiditi e sudati. Siamo pressati come aringhe in una scatola di latta di surströmming. La puzza che ne viene fuori è purtroppo la stessa. Mi sento addosso i microbi di tutti, soprattutto di quello che mi ha appena starnutito in faccia il suo raffreddore e di quello che non fa altro che tossire come un motorino ingolfato da più di dieci minuti. Infine mi osservo da lontano tra la cordata di disperati che camminano da T-Centralen verso sud. Siamo come schiavi egiziani che trasportano pesanti pietre di gesso cubiche per la costruzione non delle piramidi ma della nuova dannatissima chiusa di Slussen.
Finalmente arriviamo alla fermata successiva e all’improvviso comincia a fare caldo. Troppo caldo per essere fine settembre. Non è normale. Il cielo si tinge di rosso, la terra brucia, l’asfalto si scioglie e dalle viscere emergono le fiamme dell’inferno. Una voce dall’altoparlante della metropolitana ci invita a salire sul vagone che ci porterà a destinazione senza bloccare le porte. Lo speaker informa che non tutti ce la faranno. Suona sinistramente come la voce di Satana mascherata da quella di un dipendente della SL, la ditta dei trasporti stoccolmese. L’allarme delle porte automatiche fischia e quest’ultime si chiudono alle mie spalle.
A quel punto mi risveglio dall’incubo. Sto bene. Non è stato niente di così grave a dire il vero. È solo il disagio che immagino avverrà prossimamente tra venerdì e lunedì, quando bloccheranno la tratta della metro tra T-Centralen e Slussen[1]. Problemi da Primo Mondo, niente di più per fortuna. E così finalmente espiro. Avevo trattenuto il fiato per tutto il tempo senza rendermene conto. Normale che il cervello non avesse abbastanza ossigeno per ragionare correttamente.
Inspiro ed espiro di nuovo. Più lentamente. Mi aiuta a calmarmi ed essere più consapevole del problema e più attento alle possibili soluzioni. Apro gli occhi e ora ci vedo chiaro.
Potrei lavorare da casa ma non mi è concesso perché devo essere al lavoro per fare terapia ai miei pazienti.
Potrei usare la macchina ma sarebbe un errore madornale pensando al traffico che sicuramente si creerà in quei giorni. Lì sì che farei davvero esperienza dei gironi infernali danteschi.
Potrei prendere il bus numero quattro per quasi tutta la tratta e aggirare lo stop ma è un percorso troppo lento e non lo consiglierei nemmeno al mio peggior nemico.
Potrei dirottare per un breve pezzo sul pendeltåg, il treno dei pendolari di Stoccolma, ma mi scappa una risata sarcastica per aver solo pensato a questa soluzione in quanto i suoi problemi e ritardi sono risaputi come le scappatelle del re.
Ci penso e ci ripenso… giusto: ci sono. Ho la bicicletta. Sono “solo” 10 chilometri, ma di tutta salute ed esercizio fisico. Non mi fanno paura. In fondo li ho fatti per venti mesi durante la pandemia, anche durante tempeste di neve invernali e piogge torrenziali.
Prendo dunque il casco, mi vesto sportivamente per stare più comodo, infilo i guanti perché ormai fa freddino, scendo in garage e sono pronto. La bici però non lo è: la gomma infatti è a terra. Stop anche qui.
Alzo gli occhi al cielo scoraggiato e penso: quando parte il prossimo pendeltåg? Devo essere proprio disperato.
Roberto Riva
BIld av LaterJay Photography från Pixabay
[1] https://sl.se/aktuellt/nyheter/kraftigt-begransad-kollektivtrafik-2225-september/