Roma, 8 mar. (askanews) – Il modello di sviluppo italiano, basato sulla piccola impresa diffusa è in difficoltà. Le piccole imprese, che rappresentano numericamente la grande maggioranza del nostro sistema produttivo (97,4%) e più della metà dell’occupazione privata (53,8), tra hanno perso peso in termini di fatturato a vantaggio delle medie e grandi aziende. E’ quanto emerso nel corso della Conferenza nazionale delle Camere di commercio “Verso il futuro”, in corso a Brescia nell’ambito della fiera FuturaExpo.
Nel 2012, riporta un comunicato, le imprese con meno di 49 dipendenti producevano il 49% del fatturato mentre nel 2022 il valore era sceso al 42%. Dall’altra parte, le medie imprese pesavano per il 20% nel 2012 e per il 22% nel 2022, mentre le grandi imprese sono passate dal 32% al 37% (dati Censis/Istat).
Questa dinamica suggerisce che il Paese si trovi all’interno di un processo di spostamento della produzione di valore dalle imprese più piccole a quelle più grandi. In questo nuovo scenario aumenta l’importanza del ruolo delle Camere di commercio che hanno nella platea delle piccole imprese il proprio riferimento principale.
“Le complessità di questa fase storica rischiano di penalizzare fortemente le Pmi del nostro Paese e richiedono perciò a tutte le istituzioni di moltiplicare gli sforzi”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Registriamo da diversi anni la difficoltà di reperire le figure professionali più qualificate. Questo colpisce in misura maggiore le imprese più piccole che fanno fatica ad attirare i talenti necessari. Inoltre, la tecnologia va veloce e per stare al passo occorrono investimenti crescenti che sono difficilmente sostenibili per le Pmi che non fanno parte di reti. Le Camere di commercio, che sono presenti su tutto il territorio nazionale, possono aiutare soprattutto le piccole imprese in questo momento di turbolenze internazionali”. (fonte immagine: Unioncamere).